Nutre la mente soltanto ciò che la rallegra.
Agostino,
Confessioni
Penso di poter immaginare con facilità e senza stupore la risposta a
questi interrogativi.
Pian piano, quasi senza che ce ne accorgiamo, ci abituiamo a non
aspettarci dal lavoro che un ritorno economico, come se non fosse altro che un
mezzo per la nostra sopravvivenza all’interno di un’inderogabile condanna.
Fortunatamente per alcuni la gioia del fare esiste davvero e gliela si
legge negli occhi.
Ci sono persone che amano il loro lavoro, che si alzano ogni mattina
con una piacevole sensazione di benessere al pensiero della giornata lavorativa
che li attende.
Persone che in ambito professionale trovano soddisfatto oltre che il
bisogno di sopravvivenza anche il bisogno di essere se stesse (svolgere il proprio lavoro in modo personale, con
creatività e autonomia), di crescere
(svolgere un lavoro che consenta di esplorare, sperimentare, imparare cose
nuove, svolgere attività diverse nel tempo), di appartenere (svolgere un lavoro che permetta di cooperare
amichevolmente e pacificamente, di sentirsi a casa, protetti e accettati, di
identificarsi con il gruppo e scambiarsi riconoscimenti possibilmente
positivi).
Tanto più il lavoro consente di soddisfare i nostri bisogni quanto più
ne trarremo piacere.
La scelta del lavoro ha certamente una forte relazione con il profilo
della propria personalità. Una persona, se ha possibilità di scelta, dovrebbe
cercare un lavoro che valorizzi le proprie qualità.
Alla base del piacere di lavorare c’è, in gran misura, la possibilità
di utilizzare le competenze (insieme di conoscenze, esperienza e capacità) che
possediamo in un’attività che ci consenta di esercitarle.
Quali sono gli interventi organizzativi che possono soddisfare i
nostri bisogni professionali?
Cosa dovremmo fare per raggiungere il successo ed essere felici sul
lavoro?
Sognare che lavoro fare
Una delle prioritarie condizioni per lavorare con piacere sta nel
poter scegliere un’attività consona alle proprie capacita e ai propri
interessi, come sopradetto.
Come si potrà mai amare il lavoro se esso non è congeniale alle
proprie caratteristiche?
E come ci si potrà appassionare? La vita è lunga e piena di treni che
passano, l’importante è non scoraggiarsi e non smarrire la fiducia in sé, la
sensazione di poter dominare gli eventi non pensando che questi dipendano dal
caso, dagli altri o dalla fortuna. Il segreto sta nel saper sognare, nell’aver
accesso al proprio mondo interiore.
Progettare la messa in opera
Si tratta di verificare il sogno, confrontandosi con le concrete
possibilità che la realtà offre, ma ricordandosi sempre che il senso di realtà
deve venire dopo il senso del piacere.
E’ il momento della verifica della fattibilità. In questa fase ci
potrà anche essere la rinuncia a “quel progetto”, ci si potrà accorgere che è
tardi, che si è fuori tempo o fuori luogo. In questo caso sarà importantissimo
mantenere una buona autostima e trovare altre fonti di soddisfazione. Non
farcela non sarà un fallimento, ma più semplicemente la scoperta che nella
nostra vita, per le condizioni in cui siamo venuti al mondo, per la famiglia in
cui siamo cresciuti, per come è andata la nostra storia e avendoci fortemente provato…. non si poteva
fare di meglio. Bisogna ricordare che il permesso
di riuscire implica il permesso di
sbagliare e il permesso di riprovare
e nel caso di ridurre le proprie
aspettative.
Così pure si deve accettare che non sempre tutte le persone sono messe
nelle condizioni per ottenere il meglio dalla vita. Per molti quello che sempre
si è chiamato “un buon lavoro” era il massimo che potevano ottenere. Qualità
utili in questo momento sono:
-
la capacità di analizzare le possibilità che il
mondo ci offre
-
la capacità di valutare le nostre reali abilità
tecniche
-
la capacità di svilupparle, se è il caso e se è
ancora possibile.
Riuscire in ogni caso:
scomporre il progetto in piccole tappe
Il segreto sta nel creare continue gioie da successo di tappa. Ogni
tratto dovrà essere una gratificazione che ci da nuova linfa, nuova benzina,
nuova energia per passare alla tappa successiva. Non sarà più la grande
delusione se non ce la faremo, avremo comunque fatto qualcosa di piacevole, di
interessante, di vincente. Dobbiamo prendere le cose un po’ alla volta, vivere
il presente, prendere il piacere che ci può dare passo per passo; ogni azione
deve concludere e raggiungere un piccolo risultato. Dobbiamo darci il permesso
di provare piacere nel fare e darci riconoscimenti, anche a prescindere dal
risultato finale.
Gioire dei risultati
raggiunti
Quando il risultato è stato raggiunto, solo pochi se lo sanno godere.
Qui si tratta di festeggiare, di sostare e guardare indietro e considerare
quanto abbiamo fatto.
Martin Seligman nel suo libro “La costruzione della felicità” scrive: “il ben-essere consiste nel trarre felicità
dall’uso delle nostre potenzialità”.
Ecco cos’è la felicità: essere felici di noi stessi, per ciò che
siamo, per il nostro contributo, per il nostro fare, visto e riconosciuto.
La felicità è piacersi per il valore che ci riconoscono e soprattutto
che ci riconosciamo.
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